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Un pomeriggio sono andato a vedere il mio primo romanzo esposto in una libreria. Mi sono avvicinato, ho preso una copia e l’ho infilata di soppiatto nel cestino pieno di libri che un cliente distratto aveva abbandonato lì a terra. A quel signore che non conosco e che si è ritrovato a casa il mio libro clandestino, dedico questo secondo romanzo. Sperando che stavolta lo acquisti di sua iniziativa.

E’ la dedica che Antonio Manzini ha messo nella nuova edizione (Sellerio) della Giostra dei criceti. Di Manzini ho letto tutte le storie di Rocco Schiavone: quindi capisco che non ha più bisogno di questi stratagemmi, o azioni propiziatorie. Il successo dei suoi libri è noto e meritato e la ottima versione televisiva con Marco Giallini protagonista lo ha certamente accresciuto. Tuttavia, leggendo questa dedica, mi sono ricordato di quella volta – e doveva essere maggio o giugno del 2000 – che mi aggiravo nella libreria Mondadori di via Appia. Era per vedere anche gli altri libri, ma naturalmente soprattutto il mio appena uscito. La piletta gialla di Amor di Corsica non era mai del tutto fuori dalla mia vista. A un certo punto ho sentito un signore che chiedeva al cassiere notizia del mio libro. Sono stato tentato di andarlo a prendere e portarglielo, ma poi ho pensato che ero già, bene o male, un signore di quasi cinquant’anni. Mi sono trattenuto. Avrei voluto corrergli incontro, presentarmi, ringraziarlo, forse inginocchiarmi o almeno inchinarmi con grande riverenza. Non l’ho fatto. Ho lasciato consumare la mia momentanea estasi, senza alzarmi dal pavimento neanche cinque centimetri. E ancora oggi mi pare di aver fatto male.

Questo pensiero non fa che confermarmi nella simpatia naturale per Antonio Manzini, per le sue storie romane e aostane (anche quelle sempre molto romane) e per il suo vicequestore che si fa le canne e qualche volta inguatta la refurtiva per sé e per gli amici. Leggendo La giostra dei  criceti, mi pare di aver capito meglio quando, come e dove sono nati Rocco Schiavone e compagni: erano già, più o meno tutti, nella giostra dei criceti e in fondo ci stanno ancora. Aspetto con ansia le altre storie. Vorrei solo rivolgere all’autore una preghiera: non sarà ora, chiedo, che finisca l’esilio aostano del vicequestore Rocco Schiavone?