IMG_5328“I ragazzi maglianesi del 1915-18”: è il titolo di una mostra che abbiamo aperto domenica 14 maggio e chiuderemo domenica 28 nella chiesa di San Pietro, qui a Magliano. Fino a ieri sera i visitatori sono stati quasi cinquecento, che in una comunità di meno che quattromila abitanti non sono pochi. E’ anche vero che a fare questo numero ha contribuito gente venuta da fuori: per esempio un gruppo di olandesi, fra i molti che hanno eletto qui in Sabina e IMG_5332specialmente a Magliano il luogo delle loro vacanze, probabilmente perché si sono innamorati delle colline che certamente non trovano nei loro Paesi Bassi. A uno di loro, quello che capiva meglio l’italiano, ho detto che per contrappasso a noi non capita mai di vedere barche che sembrano passeggiare nei prati. Sono venuti anche fotografi e appassionati di fotografia che la settimana scorsa erano qui per le IMG_5386Mostre diffuse di fotografia, organizzate dagli amici Teresa Mancini e Riccardo Cattani e arrivate alla terza edizione. E’ venuto qualcuno anche dai comuni vicini: ricordo per esempio due simpatiche signore di Montebuono, con le quali abbiamo chiacchierato a lungo. Non nego che qualcuna di queste persone è entrata soprattutto per vedere l’interno della nostra bella chiesa medievale e perfettamente romanica, che di solito è chiusa. Però questo mi sembra un merito in più: è buono, è saggio, è utile che Magliano trovi il modo di offrire più generosamente i suoi tesori a chi viene a visitarla. E qui voglio fare l’elogio della intelligenza e della cortesia del parroco don Ariel Roque Dorado, il quale, alla nostra richiesta della chiesa di San Pietro come sede naturale dell’esposizione, ha risposto immediatamente di sì. Don Ariel è argentino come Papa Bergoglio, e come lui pensa che le chiese più stanno aperte e meglio fanno. Mi dispiacerà chiudere quel portone domenica sera.

Ho detto “sede naturale” perché la chiesa di San Pietro ha nella cripta il sacrario dei caduti. Dev’essere stato per questo, credo, che la piazzetta triangolare che ha davanti è stata chiamata piazza Vittorio Veneto. A dirla tutta, penso che il nome si potrebbe ancora correggere in piazza San Pietro, così come largo Francesco Crispi potrebbe utilmente tornare a chiamarsi via larga, come i maglianesi di solito continuano a chiamarla. La mostra è stata realizzata dalla Società della Memoria, di cui mi onoro di essere socio fondatore, in collaborazione con l’associazione culturale “Antonio Piazza”, di cui è presidente l’amico Guido Poeta, direttore dell’archivio storico comunale, autore di molti libri di storia maglianese: con simpatia e stima gli rivolgo di tanto in tanto l’appellativo di genius loci. In pratica siamo stati in cinque a preparare e allestire la mostra: Guido Poeta e Maurizio Mola, inseparabili e perfetti insieme, Tino Pagliani, che è il presidente della Società della Memoria, Adriana Bartolini, vice presidente, oltre che mia moglie, e io. Ci ritroveremo insieme a disfarla, dopo averla fatta: credo lunedì.

IMG_4233 - Versione 2La prima idea è venuta a me. Non solo e non tanto perché siamo ancora nel centenario della Grande Guerra, e nemmeno tanto perché sono da tre anni consigliere comunale di Magliano con la delega per la cultura. L’idea iniziale sta quasi tutta in un quadretto che nella mia vita è comparso poche volte ma è sempre stato presente, perché quasi da sempre ho saputo che c’era. Sono sette cartoline quasi tutte ricamate in filo di seta e tenute insieme da un altro ricamo. La cartolina centrale augura A happy new year e l’anno nuovo è il 1919, le cui cifre prendono i colori di quattro bandiere: nell’ordine la Francia, la Gran Bretagna, l’Italia e gli Stati Uniti. Mio nonno, Antonio Speranza, aveva combattuto in Francia e – me lo raccontò lui stesso – era negli arditi. Ho convissuto con lui per soli dieci anni – morì nel 1960 – ma me lo ricordo bene e ricordo le nostre passeggiate che partendo dal palazzo di via Acaia dove abitavamo finivano molto spesso, troppo spesso, in un’osteria che stava in piazza Zama. Qualche volta mi portava al cinema: il Cinestar, l’Airone. Erano i tempi, mi pare, di un certo Tenente Dinamite per il quale andavo matto. Mi ricordo ancora, come fosse adesso, il disastro dentro il mio cuore e la mia testa di ragazzino quando, in quel luglio del ’60, mio padre, mia madre, mia nonna, dei quali non mi spiegavo l’assenza che durava da diversi giorni, arrivarono finalmente a Torvajanica, dove ero rimasto con gli zii, e mi dissero che nonno Antonio non c’era più.

Il piccolo quadro delle cartoline mi è apparso di nuovo quando, non molti anni fa, abbiamo venduto la casa dei miei genitori all’Appio Claudio. Con mio fratello, con le nostre mogli e i figli abbiamo fatto l’inventario dei ricordi, i ninnoli collezionati da mia madre, le medaglie messe insieme da mio padre in quanto patrocinatore di manifestazioni sportive. Una adesso sta qui fra lo schermo e la tastiera del computer. Dice ancora: Il Corriere dello Sport a Quinto Tomassini – 47° Giro di Roma – 4 XI 1973. E’ stato nell’inventario dei ricordi che si è di nuovo materializzato il quadro delle cartoline. Fino a domenica, 28 maggio 2017 – sarebbe proprio allora il centoventiduesimo compleanno di Antonio Speranza –  resterà appoggiato al banco che abbiamo spostato di fianco all’ingresso di San Pietro. Poi lo riprenderò, lo porterò a casa e l’appenderò a una parete.

IMG_5392Mi piace pensare che la mostra è venuta bene perché ha preso la misura da mio nonno: in fondo è stato anche grazie al suo consiglio se abbiamo scelto di privilegiare le immagini dei soldati più giovani, quelli che avevano poco più o poco meno di vent’anni, “i ragazzi maglianesi” appunto. Li abbiamo trovati a volte in posa nello studio di un fotografo: immagini commoventi, per ingenuità, per entusiasmo, per attesa, per inquietudine combattuta spesso con una sigaretta fra le dita. Non abbiamo voluto distinguere fra ufficiali, graduati e soldati semplici, e neppure abbiamo diviso i caduti dai reduci: di tutti oggi non c’è più nessuno e per tutti la guerra fu un sacrificio, grande o immenso, mai piccolo. Alle immagini abbiamo aggiunto documenti e manifesti conservati nell’archivio comunale, che raccontano anche quanto fu dura la vita a Magliano in quegli anni. Infine abbiamo raccordato questa vicenda maglianese con la vicenda più grande dell’Italia e dell’Europa attraverso alcune pagine di giornali che il mio caro amico Aldo Trifiletti, mio collega e caporedattore alla Voce Repubblicana negli anni settanta, ha voluto regalarmi proprio alla vigilia di questa mostra. Grazie a lui, grazie a tutti, ai maglianesi che sono venuti a vederla e a quelli che, spero, ancora verranno fino a domenica.