Ci ho pensato e ripensato, ma non riesco proprio a capire come le primarie del Partito democratico, che si sono svolte domenica scorsa, abbiano rappresentato un grande successo della democrazia nel nostro paese. Alla vigilia l’indiscusso protagonista e massimo beneficiario della manifestazione elettorale, vale a dire Matteo Renzi, ha detto, se non ricordo male, che dal milione in su di partecipanti andava tutto bene. Domenica sera abbiamo appreso che erano quasi due milioni: poi la cifra è un po’ scesa. Non mi pare tuttavia che il problema sia nei numeri, che, se non sbaglio, da una primaria all’altra sono sempre andati giù. Il problema è nel sistema.

Inventate per scegliere nella coalizione di centro-sinistra il candidato alla leadership e alla presidenza del Consiglio dei ministri, le primarie sono state poi adottate dal Pd anche per l’elezione del segretario del partito. Fra le une e le altre c’è ovviamente differenza: non ho mai partecipato alle primarie, e non ero neppure entusiasta del plebiscito per Romano Prodi, ma che un partito, poi, si facesse eleggere il segretario, oltre che dagli iscritti, anche dal primo che passava e ci metteva due euro, questo, mi sembrava singolare e anche inquietante. Credo nel sistema dei partiti, associazioni libere, non c’è dubbio, ma ordinate da statuti, regole democratiche interne, associazioni libere, ma stabili, riconoscibili e riconosciute, per definizione mediatrici fra il popolo sovrano e la sua rappresentanza politica. Mi si può obiettare che i partiti nel frattempo – un frattempo che è cominciato nei primi anni novanta e che ancora dura – sono scomparsi. L’obiezione è probabilmente giusta, ma non per questo si può gabellare per partito un’organizzazione che per compiere le proprie scelte si affida a un’opinione occasionale, momentanea e allargata.

In fondo credo che il sistema delle primarie fosse sbagliato già in partenza. Mi pare che di fatto abbia introdotto nel sistema politico italiano una deriva plebiscitaria, della quale ora cominciamo a conoscere bene le conseguenze. Matteo Renzi, con il voto di domenica scorsa, ha preso la faccia di chi è il padrone della politica italiana. Dal referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 sembra non aver imparato nulla. Il popolo sovrano allora ha resistito, e con numeri, com’era naturale, infinitamente più elevati. Io spero che lo faccia ancora, che resista ai plebisciti che sostituiscono i congressi, e che quasi accennano a voler prendere il posto dei comizi elettorali, spero anche che resista alle leggi elettorali concepite solo per costringere e restringere la volontà popolare e la sua rappresentanza.