Nel 2005 è cominciata la mia collaborazione con il Saggiatore: l’occasione è stata data da Stefano tmassini istria dei miracoliun libro che raccoglieva gli appunti del mio lavoro di giornalista in Istria, i ricordi di diversi viaggi fatti in quella regione, più che qualsiasi altra, di confine, le emozioni e spesso le vertigini che mi davano e ancora mi danno i sentimenti degli italiani che lì sono rimasti e di quelli che sono venuti via. Il titolo è: Istria dei miracoli. Viaggi in una terra di mezzo.

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Incipit
I ricordi d’infanzia sono piuttosto pochi, in compenso sono i più vivi. Io degli anni cinquanta ricordo la neve quando è nato mio fratello, il gioco degli indiani e dei cowboy, che facevo da solo in attesa che lui crescesse, e i soldatini di gesso, nordisti e sudisti, che mi si scolorivano e sfaldavano nelle mani quando mi ostinavo a lavarli. Ricordo l’auto a pedali, verde, se non sbaglio, una passeggiata fino a Porta San Sebastiano e il furioso temporale che ci obbligò, me e mia madre, a restare molto tempo prigionieri di quell’arco e di quella paura. Ricordo il primo televisore e la millecento di seconda mano. Dirò cosa ovvia, ma perché non dovrei affermare che, pur inconsapevole, ho vissuto anch’io la rinascita di un paese?

Di quegli anni e della mia infanzia ho ancora un ricordo, vivo come gli altri e più degli altri curioso. E’ il ricordo di un aggettivo che ogni tanto sentivo pronunciare dai miei o da altre persone. Veniva pronunciato a mezza voce, con l’aria di chi evoca una sciagura, un lutto, una malattia, una condizione, insomma, della quale non c’era tanto da parlare, perché appena detta era già chiara a tutti la sua gravità. Quell’aggettivo era istriano. Al femminile istriana e istriane. L’uso più frequente era al femminile singolare, appresso al sostantivo “famiglia”, e raccontava allora di un gruppo di persone che erano dovute scappare da casa loro e adesso se la passavano piuttosto male.